Dott.ssa Stefania Guagenti
Psicologa-psicoterapeuta, laureata nel 1999 presso l'Università degli Studi "La Sapienza" di Roma con il massimo dei voti.
L’adolescenza è cambiamento.
Le trasformazioni del corpo richiedono un grande sforzo psichico.
L’adolescente deve arrivare a riconoscere i cambiamenti che sta vivendo e vedendo: la maturazione dell’apparato sessuale e riproduttivo; l’incremento delle masse muscolari e della statura.
Lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie, che contribuiscono a definire l’identità corporea maschile e femminile, impone un importante lavoro di riconoscimento.
Adolescenza significa anche esperienze emozionali molto intense.
I cambiamenti fisici e dell’assetto pulsionale, siano essi precoci o tardivi, portano alla ricerca di nuovi equilibri nei rapporti con il mondo e con il proprio sé. Le varie trasformazioni mettono in discussione il sistema di rappresentazioni e di schemi che hanno regolato sino a quel momento le relazioni del ragazzo o della ragazza con il loro corpo, con gli altri individui e gruppi, con attività, oggetti e istituzioni sociali.
Di questi mutamenti di relazioni l’adolescente ne è consapevole. Non accetta più la totale dipendenza dalla famiglia e cerca di acquisire una parziale autonomia per fare nuove attività e adottare stili di condotta diversi.
Adolescenti con scarsa fiducia nelle proprie capacità e possibilità, che non si sentono in grado di rispondere alle richieste esterne, possono ricorrere all’uso di sostanze per migliorare le loro prestazioni.
La droga, il cibo, il bere possono diventare un mezzo per padroneggiare gli scambi tra sé e gli altri e per stabilire distanze tollerabili.
Fanno parte della categoria “Disagio, sofferenza e crisi” tutte le “condizioni psicologiche” (non ascrivibili all’interno di più specifiche categorie diagnostiche) legate a percezioni soggettive di malessere che possono scaturire da difficoltà familiari, relazionali, lavorative/scolastiche, o correlarsi a determinati eventi, periodi di transizione/cambiamento, fasi evolutive.
Una persona può entrare in uno stato di crisi e confusione in particolari momenti della sua esistenza. Sono le cosiddette “crisi di passaggio” da una fase della vita a un’altra, che richiedono adattamenti e una revisione dei valori (es. diventare genitori; uscire dalla casa genitoriale; separarsi…).
Passaggi e cambiamenti ricercati o subiti possono diventare difficili per le turbolenze emotive che accompagnano qualunque stato critico dell’esistenza umana.
Promuovere una maggior conoscenza e accettazione di sé, della propria storia, delle risorse e dei limiti personali, così come il supporto e il riconoscimento di competenze, specialmente nelle situazioni di stress, può favorire un “riequilibrio” psicologico e comportamentale, condizione che consente di sperimentare un ritrovato benessere.
Il concetto di dipendenza rimanda a diversi significati e difficilmente può essere ridotto a un’unica dimensione. Prendiamo, ad esempio, la differenza esistente tra dipendenza fisica e dipendenza psicologica (concetti ben distinti nella lingua inglese con i termini dependance e addiction), differenza che, se non meglio compresa e specificata, potrebbe condurre ad interpretazioni errate o fuorvianti.
È possibile definire lo “stato di dipendenza” come un fenomeno complesso riguardante la relazione esclusiva che si instaura tra il soggetto e l’oggetto della dipendenza, in un dato e specifico contesto.
La dipendenza si manifesta sia a livello comportamentale sia psicologico.
La persona dipendente ha poco o nessun controllo sul proprio agire (ad esempio nell’assunzione di una sostanza psicoattiva o nella ripetizione di determinate azioni) ed è totalmente assorbita dall’oggetto della dipendenza, nonostante le conseguenze negative per lei, per i suoi familiari e per quanti la circondano.
DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE
La caratteristica comune a tutti i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione è la modalità alterata di consumare, assorbire, controllare o espellere il cibo, comportamento che arriva a compromettere lo stato di salute e il funzionamento psicologico e sociale della persona.
Nella recente classificazione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-V) i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione come l’Anoressia Nervosa, la Bulimia Nervosa, i Binge–Eating Disorders (abbuffate compulsive) sono ridefiniti e ampliati anche in relazione alla comparsa di “nuove” forme patologiche.
Tra queste vi sono il Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, comprendente l’Ortoressia (ossessione per il “cibo sano”), l’Anoressia inversa (autopercezione di gracilità prevalentemente maschile, che porta ad abuso di integratori, anabolizzanti, diete iperproteiche e a praticare esercizi fisici in modo compulsivo).
Il testo Altri disturbi specifici della nutrizione e dell’alimentazione presenta ulteriori forme patologiche quali il Night Eating Syndrome (ricorrenti episodi di alimentazione notturna), il Disturbo purgativo o forme di Bulimia o Binge-Eating di frequenza e durata minore, ecc.
Diverse sono le possibili manifestazioni di problematicità, una “condizione di sofferenza” che spesso si manifesta attraverso la presenza di pensieri persistenti sul cibo, una distorta percezione dell’immagine corporea, una consistente alterazione del peso ecc…
L’ansia è una forma di paura, avvertita come tale dal punto di vista fisico attraverso tremore, battito cardiaco accelerato, sensazione di pericolo imminente.
Esiste però una grande differenza fra la paura vera e propria e l’ansia.
La prima è determinata da un pericolo definito, oggettivo e immanente, che fa mobilitare energia per superare un ostacolo.
La seconda è causata da un pericolo ipotetico, indefinito, ipotizzato, che immobilizza la persona.
La paura segnala all’organismo un pericolo esterno, una minaccia alla sopravvivenza o al benessere.
L’ansia indica un pericolo interno: il rompersi di un equilibrio psicologico, spesso derivante dall’immissione di impulsi che la personalità non riesce a mediare con la realtà del soggetto.
L’ansia può “organizzarsi” in forze strutturali, manifestandosi ad esempio in fobie specifiche (paura di animali, elementi dell’ambiente, sangue, di una situazione) o disturbo d’ansia sociale-fobia sociale (es: paura di mangiare o parlare in pubblico).
Fra le forme più diffuse di ansia vi sono gli attacchi di panico: crisi acute di angoscia che colgono all’improvviso una persona, facendole provare sensazioni di tragedia imminente.
Quando gli attacchi si ripetono può svilupparsi un disturbo di panico (DP): chi ne soffre arriva a temere la possibilità di una nuova crisi sviluppando un’ansia anticipatoria e mettendo in atto condotte di evitamento, che nel corso del tempo compromettono in modo significativo la sua vita.
Il disturbo di panico può essere associato all’agorafobia: la persona prova paure o evita delle situazioni (es. mezzi pubblici o spazi aperti) al pensiero che potrebbe essere difficile fuggire o potrebbe non essere disponibile un aiuto in caso di sintomi come il panico.
In caso di disturbi d’ansia e attacchi di panico lo psicoterapeuta si muoverà tra l’urgenza di dare un sollievo immediato alla persona e la necessità di aiutarla a comprendere le radici psicologiche dei suoi disturbi.
La depressione è uno dei principali disturbi per cui ci si rivolge a uno psicoterapeuta.
È fondamentale tenere in seria considerazione lo stato depressivo e cercare di riconoscerlo al più presto, in modo da poter chiedere l’aiuto di uno specialista.
La depressione verte su una triade:
umore orientato alla tristezza
inibizione del comportamento
pensieri di auto-svalutazione
Nei casi meno gravi, chi è depresso può rendersene conto. In generale, però, familiari e conoscenti possono riconoscere lo stato depressivo di una persona, starle vicino e motivarla a chiedere aiuto. Non è facile, perché chi è depresso non ha speranze sul futuro e sente di essere “non aiutabile”.
Come riconoscere uno stato depressivo?
Le modificazioni più frequenti ed evidenti sono:
Umore depresso: la persona si sente triste senza motivo. Se un motivo c’è, ad esempio un lutto, la mancanza di voglia di vivere si cronicizza sino a togliere significato all’esistenza e al futuro. A volte l’umore depresso è celato da una forte irritabilità (ad esempio negli adolescenti).
Marcata diminuzione degli interessi e della ricerca di esperienze piacevoli.
Disturbi del sonno, insonnia o ipersonnia: a causa di pensieri tristi e angosciosi la persona non riesce a dormire oppure, per difendersene, regredisce e dorme troppo.
Rallentamento o esagerazione dell’attività.
Forti sensi di colpa e auto-svalutazione: la persona sente di essere giustamente punita per le proprie disgrazie, accusandosi di colpe e mancanze più o meno realistiche.
Pensieri ricorrenti di morte o ricorso a vie indirette e metaforiche della morte: andarsene, lasciare tutto.
I disturbi dell’umore possono esprimersi anche attraverso modalità paradossali rispetto a quelle depressive, i cosiddetti stati maniacali.
La persona è euforica, iperattiva, manifesta un senso molto alto di sé, si sente capace di ogni impresa e situazione, dorme poco, affronta situazioni economiche pericolose, è agitata, inizia molti progetti dispersivi.
Si definiscono disturbi psicosomatici tutte le problematiche manifestate da una persona che, dopo una diagnosi differenziale, non sono riconducibili a disturbi organici o di simulazione.
Ne fanno parte la sindrome da dolore cronico, la fibromialgia, sindromi gastrointestinali, l’emicrania, gli acufeni e le vertigini, le allergie, diversi tipi di eruzioni cutanee, ecc.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-V) include in questa categoria il disturbo da sintomi somatici, il disturbo da ansia di malattia, il disturbo di conversione, il disturbo fittizio, i fattori psicologici che influenzano altre condizioni mediche.
Le persone con disturbi psicosomatici spesso raccontano di sé attraverso la sofferenza fisica o le proprie “storie di malattia”, diventate centrali nella loro vita.
Occorre sottolineare, però, che in molti casi sarebbe comunque utile assumere una prospettiva che guardi alla sofferenza e alla malattia in modo multicausale e multi-fattoriale.
È infatti possibile ritenere che ogni patologia sia il risultato di un’interazione tra fattori biologici, psicologici, sociali/interpersonali.
Si definiscono disturbi psicosomatici tutte le problematiche manifestate da una persona che, dopo una diagnosi differenziale, non sono riconducibili a disturbi organici o di simulazione.
Ne fanno parte la sindrome da dolore cronico, la fibromialgia, sindromi gastrointestinali, l’emicrania, gli acufeni e le vertigini, le allergie, diversi tipi di eruzioni cutanee, ecc.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-V) include in questa categoria il disturbo da sintomi somatici, il disturbo da ansia di malattia, il disturbo di conversione, il disturbo fittizio, i fattori psicologici che influenzano altre condizioni mediche.
Le persone con disturbi psicosomatici spesso raccontano di sé attraverso la sofferenza fisica o le proprie “storie di malattia”, diventate centrali nella loro vita.
Occorre sottolineare, però, che in molti casi sarebbe comunque utile assumere una prospettiva che guardi alla sofferenza e alla malattia in modo multicausale e multi-fattoriale.
È infatti possibile ritenere che ogni patologia sia il risultato di un’interazione tra fattori biologici, psicologici, sociali/interpersonali.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-V) definisce “trauma” una specifica tipologia di problemi (disturbo da stress post traumatico ), ma trascura molte forme di “trauma interpersonale”, ovvero eventi che, seppur con un minor impatto (“trauma” e non “Trauma”) possono considerarsi rilevanti poiché provocano la destabilizzazione dell’equilibrio psichico (come l’abuso psicologico, le separazioni, assistere a violenze, ecc.).
Molti eventi traumatici possono quindi generare reazioni emotive e corporee alle quali non segue un’adeguata elaborazione, condizione che può divenire problematica e provocare disagio attraverso sintomi intrusivi (ricordi ricorrenti legati al trauma, sogni, ecc.); evitamento (propensione a evitare pensieri, sentimenti, persone, luoghi, o situazioni connessi a tale ricordo); persistenti modificazioni negative (sospettosità, tendenza a colpevolizzarsi, eccessiva comparsa di sentimenti di rabbia, paura, colpa o vergogna, ecc.); ipervigilanza o aumento dell’arousal (aumentata aggressività, alterazioni del sonno, difficoltà di concentrazione, ecc.)
Trattamento dei problemi psicologici e realzionali, volto ad alleviare la sofferenza emotiva attraverso la modifica di schemi mentali e comportamenti controproducenti.
Percorso di supporto nell'affrontare uno specifico momento di crisi personale e/o esistenziale. Mirato al raggiungimento di uno stato di benessere, agendo sulle risorse e i punti di forza della persona.
Iter di valutazione che prevede l'utilizzo di test standard, volti ad acquisire informazioni circa la sintomatologia presentata dalla persona e le sue caratteristiche di personalità. intervento propedeutico all'avvio di un percorso psicoterapeutico.
Intervento di accompagnamento ai genitori che vivono un momento di difficoltà nell'esercizio del proprio ruolo. Un servizio mirato a comprendere e migliorare la relazione con i figli, gli stili educativi e comunicativi in famiglia, per favorire un maggior benessere dell'intero nucleo familiare.